Simon, eremita che da 8 anni, 8 mesi e 8 giorni vive su una colonna di pietra in penitenza, povertà e preghiera, rappresenta o meglio dovrebbe, ciò che per la fede è il cristiano perfetto. Ma la perfezione, si sa, appartiene solo a Dio, ed è per questo che Simon, a tutti gli effetti si dimostra un fallimento come uomo e come cristiano. L'uomo che scioccamente crede di potersi avvicinare alla perfezione cristiana scavalcando addirittura la Chiesa (Simon, rifiuta gli ordini sacerdotali), l'organo che per Bunuel senza mistero considera la nemesi della figura di Cristo.
Quando un uomo decide, deliberatamente, di vivere alla lettere i dettami cristiani, pur illuminato da principi cristallini, rimane comunque un essere umano, imperfetto e limitato ma ancor più vulnerabile alle tentazioni terrene. Quello che Gesù non ha mai insegnato è di sottrassi alla vita, ma di vivere adottando i suoi principi. E quando Simon si ritrova in mezzo alla vita, quando davvero vive e sente e percepisce e assorbe le pulsazioni e le vibrazioni delle vita, che cosa fa? Non ci è dato saperlo. Il film per problemi di produzione finisce in modo enigmatico. A chi crede e a chi no, viene dato il privilegio di decidere la sorte di Simon, diventerà peccatore “vivente” o tornerà al suo viaggio spirituale lontano dalla vita che Dio ha dopotutto costruito per gli uomini?
La vita appunto, oppure Satana, oppure l'avvenente donna, la maliziosa studentessa, la procace donna barbuta...Tanti volti, un unico scopo: tentare Simon. Ci riuscirà o fallirà? Non ci è dato saperlo.
Quello che è certo è che Simon Del Deserto è blasfemo tanto quanto è sacro, e sopratutto smonta pezzo per pezzo, tagliuzza chirurgicamente la figura del sacerdote, distrugge la concezione cristiana dello spirito distinto dal corpo, dello spirito superiore al corpo. Uno spirito che non vive con il corpo alla fine è debole e il sacerdozio può essere considerato un rifugio, un modo di evadere dal mondo, una colonna, una torre d'avorio dove ci si può proteggere dalla vita. Demolisce uno dei pilastri portanti della Chiesa terrena.
Dio in fondo, si è fatto uomo, è stato carne, ha vissuto, ha mangiato e bevuto, non dispiaceva la compagnia degli amici, le buone risate, e Bunuel incalza e cavalca la polemica passando dall'estremo Simon all'estremo del XX secolo, epoca di bagordi e lussuria, dove è difficile credere che i valori del Cristianesimo si possano applicare, e il taglio netto del finale e la distinzione chiarissima tra i due punti (spiritualità e carnalità) crea due gruppi corrispondenti, chi vive troppo la propria spiritualità sottraendosi alla vita per scappare dalle difficoltà pur conoscendo e adoperando le regole del Cristo e chi invece queste regole le ignora e vive la vita con completa e assoluta materialità. E chi sta in mezzo? Forse sono loro i veri cristiani. Ma un film così avvolto dal mistero, è molto difficile da decifrare ed estrapolare risposte. E' un mistero, come Dio, come l'anima.
Bunuel non si lascia intimorire da questo mistero, con Nazarin e ora con Simon racconta due uomini con anima e spirito combattuti su quale lasciar dominare sull'altro e traccia la sua prospettiva ma come sempre, la completa assenza di morale lascia tutti liberi di dare la soluzione che più si avvicina alla propria idea di religione, anima, Dio e quant'altro, pur riconoscendo l'importanza di trovarsi nell'eterno dubbio e in quel margine di incertezza nella sceltra tra anima e corpo. Vita come tentazione, come peccato, ma pur sempre vita. Ma bisogna essere abbastanza forti da sopravvivere, questo forse è l'insegnamento di Gesù, fin troppo abusato, ignorato, travisato. Bunuel in qualche modo, cerca di fare un po' di ordine pensando ad un Cristianesimo che va al di là della Chiesa.
Quando un uomo decide, deliberatamente, di vivere alla lettere i dettami cristiani, pur illuminato da principi cristallini, rimane comunque un essere umano, imperfetto e limitato ma ancor più vulnerabile alle tentazioni terrene. Quello che Gesù non ha mai insegnato è di sottrassi alla vita, ma di vivere adottando i suoi principi. E quando Simon si ritrova in mezzo alla vita, quando davvero vive e sente e percepisce e assorbe le pulsazioni e le vibrazioni delle vita, che cosa fa? Non ci è dato saperlo. Il film per problemi di produzione finisce in modo enigmatico. A chi crede e a chi no, viene dato il privilegio di decidere la sorte di Simon, diventerà peccatore “vivente” o tornerà al suo viaggio spirituale lontano dalla vita che Dio ha dopotutto costruito per gli uomini?
La vita appunto, oppure Satana, oppure l'avvenente donna, la maliziosa studentessa, la procace donna barbuta...Tanti volti, un unico scopo: tentare Simon. Ci riuscirà o fallirà? Non ci è dato saperlo.
Quello che è certo è che Simon Del Deserto è blasfemo tanto quanto è sacro, e sopratutto smonta pezzo per pezzo, tagliuzza chirurgicamente la figura del sacerdote, distrugge la concezione cristiana dello spirito distinto dal corpo, dello spirito superiore al corpo. Uno spirito che non vive con il corpo alla fine è debole e il sacerdozio può essere considerato un rifugio, un modo di evadere dal mondo, una colonna, una torre d'avorio dove ci si può proteggere dalla vita. Demolisce uno dei pilastri portanti della Chiesa terrena.
Dio in fondo, si è fatto uomo, è stato carne, ha vissuto, ha mangiato e bevuto, non dispiaceva la compagnia degli amici, le buone risate, e Bunuel incalza e cavalca la polemica passando dall'estremo Simon all'estremo del XX secolo, epoca di bagordi e lussuria, dove è difficile credere che i valori del Cristianesimo si possano applicare, e il taglio netto del finale e la distinzione chiarissima tra i due punti (spiritualità e carnalità) crea due gruppi corrispondenti, chi vive troppo la propria spiritualità sottraendosi alla vita per scappare dalle difficoltà pur conoscendo e adoperando le regole del Cristo e chi invece queste regole le ignora e vive la vita con completa e assoluta materialità. E chi sta in mezzo? Forse sono loro i veri cristiani. Ma un film così avvolto dal mistero, è molto difficile da decifrare ed estrapolare risposte. E' un mistero, come Dio, come l'anima.
Bunuel non si lascia intimorire da questo mistero, con Nazarin e ora con Simon racconta due uomini con anima e spirito combattuti su quale lasciar dominare sull'altro e traccia la sua prospettiva ma come sempre, la completa assenza di morale lascia tutti liberi di dare la soluzione che più si avvicina alla propria idea di religione, anima, Dio e quant'altro, pur riconoscendo l'importanza di trovarsi nell'eterno dubbio e in quel margine di incertezza nella sceltra tra anima e corpo. Vita come tentazione, come peccato, ma pur sempre vita. Ma bisogna essere abbastanza forti da sopravvivere, questo forse è l'insegnamento di Gesù, fin troppo abusato, ignorato, travisato. Bunuel in qualche modo, cerca di fare un po' di ordine pensando ad un Cristianesimo che va al di là della Chiesa.
d'accordissimo... questo film è assolutamente spietato, non si sa come digerirlo, probabilmente l'unica soluzione è prendere il cristianesimo fuori dall'umano. Perchè le due cose, sembra dirci Bunuel, proprio non possono coesistere.
RispondiEliminahai vinto un premio
RispondiEliminahttp://lafabricadeisogni.blogspot.com/2010/10/premio-dardos.html