venerdì 16 luglio 2010

Bunny Lake E' Scomparsa (1965)

Un film di Otto Preminger. Con Carol Lynley, Keir Dullea, Laurence Olivier, Noel Coward Titolo originale Bunny Lake is Missing. Giallo, b/n durata 107 min. - Gran Bretagna 1965.
Una ragazza madre va a scuola a riprendere la figlioletta, ma la bambina è scomparsa, anzi sembra quasi che non sia mai esistita. Con l'aiuto del fratello, la donna la ricerca mentre un ispettore di polizia s'occupa del caso.

Ottto Preminger ci ha abitutato alle belle storie di suspance, fin dagli esordi noto per la sua abilità di costruire storie complesse al limite della follia ma che straordinariamente rimangono sempre nei posati limiti della normalità del racconto con una struttura formalmente classica. Bunny Lake Is Missing gioca sull'insieme dei personaggi e delle storie che si intrecciano, e costruiscono un delicato quanto elegante complesso di sensazioni ed emozioni che stordiscono e non lasciano mai vedere con chiarezza se non alla fine, il risultato conclusivo.
Thriller dalle tinte un po' cupe e grottesche, con personaggi addirittura per certi versi squallidi e contorni un po' disturbati, è una storia di suspance con un alto tasso di drammaticità. E' doveroso e anche doloroso immergersi nella storia familiare dei Lake, e non c'è niente che viene lasciato al caso, un background familiare complesso che è giusto non raccontare ma solo intuire; e la pazzia è palpabile, il dramma di Ann toglie il respiro ed è qui che sta la grande genialità di Preminger: rendere possibile che ognuno si senta parte della storia, la possegga in un certo senso.
Registicamente non ci sono grandi novità, il timbro è sempre quello, inconfondibile. Belle interpretazioni, con un Olivier ancora in grandissima forma e un duo di attori protagonisti (Lynely-Dullea) che svolgono il loro lavoro più che dignitosamente ben consapevoli della complessità dei loro personaggi.
Siamo lontani dai thriller sofisticati della vecchia Hollywood, i personaggi si fanno moralmente più scadenti e la storia priva di fasti e certamente la stanchezza del regista si fa sentire. Non è infatti il suo lavoro migliore, ma sicuramente il migliore fra gli ultimi. Il suo interesse per il torbido, e per la morte sopratutto (mentale e fisica) sono tematiche onnipresenti in ogni suo film e quando sono accompagnati da una buona storia e un buon intreccio, il risultato non può essere che soddisfacente.