martedì 27 aprile 2010

Agorà (2009)



Il film narra della vita e della morte della filosofa alessandrina Ipazia (Rachel Weisz) e del suo assassinio per mano di un gruppo di fanatici cristiani nel Marzo del 415. Mentre le rivolte e gli attacchi da parte dei gruppi religiosi imperversano ad Alessandria d'Egitto, Ipazia tenta di difendere il mondo antico, rappresentato dal sapere della famosa Biblioteca di Alessandria.

Il fanatismo, non la fede o la religione, da qualsiasi parte provenga e di qualsiasi genere o tipo esso sia, è in ogni caso deleterio e malvagio per la società e il corso della storia. Quello che però accade ad Amenabar è quello di lasciarsi trasportare dall' esasperazione, rendendo alcune volte il ritratto di questo passaggio tra due mondi, due culture e due storie, eccessivamente enfatico e poco scorrevole. Si seguono comunque con interesse le vicende della filosofa Ipazia, donna forte e affascinante, vittima sacrificale della libertà di pensiero e dell'esspresione della laicità, ed è ovviamente simbolo di una critica molto feroce e forte (e forse per questo meno tagliente e sopratutto incisiva) al fanatismo religioso che si spoglia dell'anima della fede. Amenabar è sicuramente un regista abile, scaltro, che sa come gestire le varie componenti di una storia ma questa volta non riesce a mettere insieme tutti gli elementi e manca l'obiettivo di realizzare un film omogeneo. Forse una storia poco intim ma molto più filosofica ed ampia non hanno giocato a suo favore. Bravi tutti gli interpreti dove spicca una angelica Rachel Weisz.
Il film comunque pur nella sua lentezza offre, importanti spunti e dona una sembianza fiabesca ad una periodo storico poco chiaro, poco delineato. Lo fa con uno stile kolossal alla William Wyler pur rimanendo saldo alla razionalità e nella consapevolezza di dover raccontare con calma (e forse anche troppa) una storia delicata. Ci riesce, forse a metà, forse con riserve, ma senza offendere nessuno. Il suo è un discorso universale, generale, che condanna il fanatismo e l'intolleranza. Non è un novello Voltaire, ma fa la sua figura

mercoledì 21 aprile 2010

L'Uomo Nell'Ombra (2010)

Un film di Roman Polanski.
Con Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Kim Cattrall, Olivia Williams, James Belushi, Timothy Hutton, Eli Wallach, Tom Wilkinson.
Titolo originale The Ghost Writer. Thriller, durata 131 min. - USA, Germania, Francia 2010. - 01 Distribution uscita venerdì 9 aprile 2010.
L'ex primo ministro britannico Adam Lang vive su un'isola negli Stati Uniti con la moglie, la segretaria e le guardie del corpo. Viene raggiunto da un ghost writer incaricato di rivedere da cima a fondo la sua autobiografia. Lo scrittore va a sostituire il precedente ghost writer che è morto cadendo da un traghetto in circostanze misteriose. In breve tempo lo scrittore comprende di essersi accollato un'impresa scottante e non solo sul piano letterario.

The Ghost Writer è l'opera più machiavellica dell'età matura di un Polanski che finalmente ritrova la dimensione che sa raccontare meglio: il male. Il regista "diabolico" di Repulsion e Rosemary's Baby gioca col diavolo ancora una volta, o meglio, gioca con la natura umana: effimera, dissimulatrice, egoista, per usare termini cari a Machiavelli. Molto più di un semplice thriller sociale-politico, è un intrigo dell'anima, e a che punto si è disposti ad arrivare per amore di se stessi, dei propri interessi, o per amore di una causa e di una donna ma un amore che sempre si traduce in egoismo e impurità delle intenzioni.

Polanski dimostra di saperci ancora fare e di non essere intimorito dall'età che avanza come pare capiti a molti suoi colleghi illustri intrappolati in un circolo di autocompiacimento che li fossilizza. Polanski (non che non sia un po' autocompiaciuto di se stesso) che nonostante la sua chiara presunzione di poter, e saper, giocare con i sentimenti di chiunque, gestisce la sua logica sul male e sull'uomo con rigida disciplina e serietà: un trhiller che riga dritto come un schiera di soldati, che non scivola in pretenziose inutilità registiche, senza sbavature ed è strutturalmente perfetto. Un intreccio che coninvolge e che funziona dal primo all'ultimo minuto, una costruzione di tempi e luoghi labirintica che sballotta e non lascia respiro. Un film ansiogeno, quanto Repulsion, quanto L'Inquilino Del Terzo Piano, e mantiene tutti gli elementi del vecchio Polanski che conoscevamo: maledetto, diabolico, macchiavellico, e anche ironico.

Random Thoughs # 4

Il Corridoio Della Paura (1963)
Un viaggio della (e nella) pazzia schoccante, erotico e disturbante. Fuller non hafreni e punta dritto alle emozioni dello spettatore, un dramma-thriller claustrofobico a ritmo serrato, non lascia spazio a pensieri o ragionamenti, stordisce toglie il fiato.


Io Sono Un Evaso (1932)
Grande film di LeRoy, un perfetto mixdi noir, dramma e denuncia sociale. L'uomo imprigionato nella sua cella, prima piccola e con le sbarre in un tetro penitenziario e poi sempre più grande fino ad arrivare alle dimensioni della vita stessa. Dalla prigione di se stessi non si esce. Da brividi gli ultimi fotogrammi, pazzia e dramma purissimi.


Lo Scoiattolo (1921)
Un film grottesco, una burla che si prende gioco del sistema guerrafondaio dell'Europa post-prima guerra mondiale. Ne mette in risalto la debolezza e l'ipocrisia. I protagonisti, burattini che gioggioneggiano, senza spessore con quell'aria da rintronati. I soldati, sciocchi pupazetti che non pensano altro che alle donne. Una critica sarcastica all'attaccamento materiale delle società europee. Ma più semplicemente una colossale biricchinata grottesca, in uno sfondo onirico, della guerra e di tutte le sue derivanti. Non è un caso che in Germania fu un flop clamoroso.

Il Porto Delle Nebbie (1938)
Uno dei film più rappresentativi del romanticismo poetico (forse l'unico che può competere come fama e bellezza è L'Atalante di Vigo). Impossibile non legare il film di Carnè alle caratterstiche della corrente a cui appartiene. La cinepresa è più interessata, non allo sviluppo della storia (che rimane molto scontato) ma alle azioni dei personaggi non ai loro effetti bensì alle emozioni che le hanno prodotte. Un film semplice nel senso più bello del termine, struggente non per un sogno d'amore e di una vita che si infrange, ma per la sincerità malinconica che da questo scaturisce. E' un film bello, non solo per quello che rappresenta ma per come l'ha rappresentato.


L'Odio (1995)
Un film molto forte, rappresentativo non solo per la Francia delle banlieue, ma per tutte quelle realtà dove differenze sociali, culturali, convivono in un'atmosfera di discriminazione, intolleranza e odio. Molto solido invece, dal primo all'ultimo minuto. E' privo di quella stucchevole e convenzionale retorica.

mercoledì 7 aprile 2010

The Others (2001)

Grace Stewart è una giovane donna che ha perso il marito in guerra, fervente cattolica, vive in una bellissima casa isolata nell'isola di Jersey (canale della Manica) con i suoi due figli Anne e Nicholas. I piccoli soffrono di una terribile malattia che li costringe a non esporsi a luci intense. Per questo motivo ha adottato delle severe regole per la casa prima fra tutte: nessuna porta deve essere aperta finchè l'ultima non sia stata chiusa.L'equilibrio di Grace si incrina quando assume alle sue dipendenze un'anziana governante, una giovane cameriera e un decrepito giardiniere. Da quel momento, la figlia Anne vede un bambino di nome Victor, si sentono strane voci, strani rumori, accadono cose inspiegabili a cui anche la ferrea fede religiosa di Grace dovrà piegarsi.

Il giovane Amenabar, già noto per i suoi lavori spagnoli come Tesis e Apri Gli Occhi, si trasferisce a Hollywood (produce Tom Cruise) e costruisce un bellissimo thriller gotico che un po' si rifà a Giro Di Vite di Henry James. Amenabar riesce ad essere vivace pur mantendendo una forma classica narrativa riuscendo ad accompagnare lo spettatore in una storia che si perde in una luce giallognola di una casa immersa nella nebbia dove tutte le forme sono sfuocate, deformi, irregolari come in un sogno di cui non si contraddistinguono i contorni degli oggetti; le stanze sono ricoperte da una leggera oscurità in cui si può solo riconoscere il volto luminoso della protagonista che insieme al pubblico cerca con fatica una risposta a questa illogica situazione, che alla fine troverà ma in un modo del tutto inaspettato a drammatico. Un film carico di tensione, grazie anche alle musiche bellissime composte dallo stesso Amenabar, una sceneggiatura solida piena di colpi di scena e i ritratti dei protagonisti sono ben costruiti e particolarmente ambigui, astratti, intrappolati in un limbo dall'atmosfera rarefatta.
Ma il più riuscito è quello della protagonista Grace che alterna momenti di ordinaria pazzia e teneri gesti, e il regista quasi esaspera i contorni della sua fede quasi infantile, ma le conferisce anche una grande forza d'animo e un coraggio, che in fondo è il risultato di una lotta lunghissima che ha portato avanti da sola in una oscurità mortale (in tutti i sensi). Amenabar dimostra quanto le storie dei fantasmi siano ancora apprezzate ed amate, e quando sono ben fatte (come in questo caso), riescono anora regalare fortissime emozioni.
E il grande merito va ad una Nicole Kidman così simile a quella Grace Kelly che tanto era amata dal maestro Hitchcock. Bellissima, elegantissima, sofisticata, autorevole, pallidissima, rigida, folle. La sua bravura è immensa in questo ruolo che va dal disturbato (gesti nevrotici e scatti d'ira improvvisi e insiepagbili), alla dolcezza dell'amore materno. Tesa come un elastico, elettrica come un cavo della corrente, la Kidman ci regala una delle sue prove migliori, e uno dei personaggi più belli della storia del cinema.

martedì 6 aprile 2010

Nodo Alla Gola (1948)

Due giovani ricchi e omosessuali strangolano un amico, così per provare, e ne nascondono il cadavere in una cassapanca intorno alla quale organizzano un piccolo party, invitando i parenti dell'ucciso, ma anche un loro professore.
Nodo Alla Gola è l'inizio di quel percorso portato a termine da Vertigo e La Finestra sul Cortile, e forse è proprio questo il capolavoro massimo di Hitchcock. Tutta la sua abilità è espressa in un percorso filosofico in cui il delitto è irrilevante e il terrore non sta nell'azione ma nella mente. E' un'analisi freudiana dell'intelletto umano: fino a dove può spingersi un individuo; fino a che punto è capace di portare a termine le proprie idee; e perchè queste idee possono essere giuste, valide e corrette? E' giusto che ognuno tenga fede alle proprie dottrine pur sapendo di danneggiare gli altri? Hitchcock non sembra dare una risposta ma dimostra come tutta l'umanità sia sottomessa a dei principi a dei canoni di vita imposti per la comune sopravvivenza. Questi principi non possono essere superati neanche con il disprezzo della morale perchè anch'essa è un frutto di questa educazione al rispetto e alla disciplina. Fuori da questa disciplina non c'è niente, non esiste l'uomo. La società civilizzata che ha messo delle regole per autocontrollarsi, è per Hitchcock, solo una trappola in cui l'essere umano deve per forza saperci vivere. C'è un valore comune, quello del rispetto della vita, che siamo così abituati a vedere in ciò che ci circonda da averlo fatto nostro. Isituzioni e strutture sociali ce l'hanno inculcato così profondamente nella testa che l'abbiamo dato per scontato e neanche ci poniamo il dubbio se questo valore sia sempre e comunque valido. Hitchcock dubita di questo e fa notare che anche un valore così assimilayo può essere messo da parte per accontentare l'agire personale (in questo caso realizzare il delitto perfetto). Un film tanto filosofico quanto così chiaro. E' un terrore mentale, è il terrore che gli uomini provano l'uno verso l'altro, è il terrore per i difetti e le imprecisioni che porta l'uomo a smentirsi e a tradirsi. E' sadico, è cinico, è amorale, puro virtuosismo tecnico. C'è una morale individuale in ognuno dei protagonisti che agisce per il proprio meglio, ma è anche vero che tante maroli possono anche annullarsi, ed è per questo che la morale individuale è più labile e debole. E' quasi, anzi forse lo è, un racconto di una micromondi che si incontrano e si scontrano. E' il film di Hitchcock nel quale si incontra più facilmente una base che va oltre la semplice volontà di impressionare e intrattenere. C'è una nuova teoria della tensione: non è solo nelle azioni dei soggetti, non solo nell'evolversi della storia, ma anche all'interno degli individui. Un terrore dei pensieri appunto. Nel film non si vuole dare una giustificazione alle teorie superomistiche portare avanti dai protagonisti, quanto una loro rinnegazione: Hitchcock non afferma "questo è giusto, questo è sbagliato, ci sono i perfetti e quelli meno perfetti", sono pensieri sviluppati dalle azioni dei protagonisti che il regista ha creato e che sfrutta, usa e getta, per poi dimostrare che nessuno è in grado di potersi sentire superiore agli altri per il semplice motivo che ognuno agisce in modo diverso a seconda delle circostanze. C'è l'ambiguità delle azioni, e da qui parte il rapporto tra spettatore e testo filmico e da questo che è tenuto in piedi. Non è semplice scambio di cortesie tra il regista e il suo pubblico, altrimenti si ridurrebbe ad un semplice, seppur sublime, esperimento di intrattenimento. Il perchè Hitchcock riesce ad instaurare un rapporto così stretto e sottile con il pubblico è perchè gioca, non solo con i suoi sentimenti, ma con i valori morali che possiede che ha dato per scontato, ma che si sgretolano davanti alla realtà che ognuno agisce per perseguire il suo meglio. Questa è l'incognita perenne di come una persona può agire davanti a situazioni diverse e nuove durante il corso della sua vita.

domenica 4 aprile 2010

Random Thoughs # 3

Il Piccolo Nicolas e i suoi Genitori (2009)
Un film delizioso, tenerissimo e divertente. Da vedere assolutamente, è la cosa migliore che c'è in sala in queste ultime settimane. Una felice lettura sull'infanzia, sembra quasi un Truffaut allegro e spensierato. La comicità funziona perchè è spontanea come i bambini, tutti bravissimi. Favolosa la scena della ricerca del gangster sull'elenco telefonico. Il film ha molte chicche davvero divertenti.

I Love You Philip Morris (2009)

Il film è tagliato e un po' si percepisce. Un peccato, perchè il film sarebbe stato meglio vederlo tutto intero. Non posso credere che nel 2010 siamo ancora in queste condizioni.Il film racconta una storia d'amore delle più semplici, l'omosessualità è un elemento come un altro; come il carcere, la truffa, le carte di credito false. L'amore tra Steven e Philip è puro affetto e per questo può essere di qualsiasi forma, connotato e contenuto. Un film leggero, ma certamente non superficiale.Comunque, Jim Carry si conferma ancora una volta come un bravissimo attore, come se ce ne fosse bisogno.


Io Sono L'amore (2009)
Il film merita solo per l'ambientazione altoborghese, per il resto, tra richiami a Visconti e Bertolucci è un'infinità di luoghi comuni, presunzione e un'insieme di scene attaccate quasi per caso e a tratti quasi ridicole. Tilda Swinton fa quello che può, ed è stupenda fasciata in abiti Jil Sandler; ma non bastano un po' di inquadrature sghembe, piani sequenze lunghissimi, qualche sospiro e una scena di sesso avvolta nel panismo per fare un bel film, ci vuole altro, prima di tutto passione.


Chloe-Tra Seduzione E Inganno (2009)
Qualche lampo interessante, ma lo svolgimento si intorpidisce, si accartoccia su se stesso e non va avanti. E' un film, non proprio brutto, ma insulso, cioè che alla fine non riesce a trovare una chiave di lettura neanche a sforzarsi tremendamente. E' un peccato perchè la materia era buona. Personaggi un po' abbozzati, un po' sconclusionati e talvolta inutili (come la figura del figlio, incomprensibile l'importanza del suo ruolo). Non è una critica alla società alto-borghese che schiaccia i più deboli (in questo caso la prostituta, che poi, moralmente, sarà davvero così?), non è un film sul sesso (si ok, alcune scene di sesso ben riuscite NON FANNO un film ne' sul sesso, ne' erotico). E' un film sul niente, un film forse che vuole solo cercare lo scandalo facile ma che sul piatto ha proprio pochissimo. Julianne Moore come sempre bravissima, purtroppo sono i ruoli che sceglie che non la valorizzano.

Va' E Vedi (1985)

Un film di Elemi Klimov. Con Aleksej Kravsenko, Olga Mironova, Ljubomiras Lauviavicus Guerra, durata 145 min. - URSS 1985
Protagonista della dolorosa vicenda è un ragazzo di sedici anni, originario della Bielorussia, che vive la seconda guerra mondiale con lo strazio di un'adolescenza sprecata e la ferma convinzione che chi uccide deve pagare, perché nessuno ha il diritto di togliere la vita a un altro essere umano

Non è un caso che Va e Vedi di Klimov sia stato realizzato sul nascere della Perestrojka. Non è un caso perchè Va' e Vedi è esattamente la distensione dei sentimenti di oppressione e di terrore vissuti dalla seconda guerra mondiale fino alla metà degli anni 80 del regime comunista. Universalmente è un riuscitissima e stravolgente denuncia contro la guerra, alla sua inutilità, tragedia, incomprensibilità, ma d'altro canto è anche un film molto politico che gioca proprio sulla libertà dei sentimenti il suo punto forte. Klimov, regista russo significativo purtroppo sconosciuto ai più (proprio perchè il suo cinema si sviluppa alla fine di un'epoca e la nascita di un'altra quindi difficilmente trasferibile nella categoria “regista sovietico”) ha un timbro particolarissimo quasi europeo occidentale poiché gioca con i sentimenti dello spettatore e delle vicende ma con discrezione silenziosa adattando la telecamera a questo servizio. Padronissimo della materia, fa coincidere perfettamente denuncia sociale specifica con un'altra più generale e più ampia. La guerra non ha alcun diritto di esistere, la morte pur essendo componente obbligatoria del genere umano non però una forma naturale di coercizione se non viene imposta dall'uomo stesso. Appunto la morte imposta dall'uomo all'altro uomo non ha senso, è barbaria e brutalità: non è forza ma è violenza; non è forza per proteggersi ma è violenza per fare del male.
Klimov con saggio distacco, con imponente, cauta, ferma, possente padronanza della regia (unico elemento sovietico della sua regia) si inoltra in una foresta di fango, sangue, morte e distruzione. E' un film potente, straziante ma che non è gratuito nella sua drammaticità. Un film profondamente vero nella sua costruzione di finzione e melodramma. Una pietra miliare del nuovo cinema russo, non più sovietico ma quasi europeo. Dilaniante come una bomba, surreale, sospeso in un limbo di apocalittica atmosfera, sembra incredibile pensare che tutto quello che si vede è stato frutto dell'uomo. Strazio, dolore e incredulità espressi benissimo negli occhi di un giovanissimo e puro Alekei Kravsenko. Non credete a chi interpreta quaso film in chiave militarista, è una condanna suprema al militarismo; non c'è scampo; non c'è pace.