Ricoverato in un istituto psichiatrico britannico, un uomo pretende di essere capace di uccidere con un grido, come sanno fare gli aborigeni d'Australia.
Un urlo può essere inteso come molte cose; inteso come diverse dimostrazioni di innumerevoli stati d'animo: urlo di gioia, di piacere, di dolore, di entusiasmo. Ma quello che Charles Crossley fa con il suo urlo “terrifico” va al di là di ogni immaginazione. Dopo aver trascorso 18 anni insieme agli aborigeni australiani, Crossely diventa da uomo vecchio in una terra nuova (l'Australia) a uomo nuovo in una terra vecchia, che cambia drammaticamente la vita dei coniugi Fielding portandoli davanti a sensazioni nuove seppur terribili. Il fuoco spento della loro vita si riaccende grazie al mistero che Crossley si porta dietro, mistero figlio di 18 anni di pratiche magiche, usanze indigene più potenti del valore quasi scientifico che i Fielding depongono in un “Dio” onnipotente. Più potenti non perchè più vecchie, ma perchè tutt'ora messe in pratica con fervore fisico e spirituale dai caratteri sconvolgenti, caratteri che hanno segnato la vita di Crossely in modo indelebile.
Per questo The Shout (urlo appunto) è un film mistico ma che cerca di analizzare il rapporto tra Dio e l'uomo attraverso le conseguenze che questo rapporto fa scaturire. Di “divino” c'è molto poco, è un film passionale, molto fisico, ma in effetti Dio può manifestarsi attraverso i corpi e le emozioni completamente terrene degli uomini che nonostante la voglia di elevarsi sopra la materia, si rivolgono a Dio perchè interferisca sulle loro esigenze materiali. Per questo Crossley si interroga sul valore dell'anima, lui che l'anima l'ha vista manifestarsi sotto innumerevoli forme terrene, non capisce giustamente perchè e in che modo dovrebbe essere liberata quando sa bene che lo è già. E non è un caso che questa libertà dell'anima è percepita, capita e accolta da un "idiota", uno straniero incompreso che convinzioni sociali occidentali rinchiudono nella definizione di "pazzo". E' il valore della purezza e della naturalezza di questo idiota che conserva la preziosità dell'anima mai intesa come qualcosa che appartiene all'uomo ma che al contrario possiede l'uomo.
E l'urlo è una forma di liberazione che uccide. Ma ad uccidere più del suono è la forza malvagia che il suo corpo deve espellere, una forza che i comuni essere umani non sanno di possedere. Crossley ha capito come trovarla e come controllarla, ma le forze terrene, gli impusli umani sanno essere addirittura più forti.
The Shout deve alle sue ambientazioni grezze la maggior parte del suo fascino, e Jerzy Skolimowski utlizza magnificamente la natura dei paesaggi e degli avvenimenti e li trasforma in qualcosa di inquietante, silenzioso, modesto ma potentissimo. Lo scarno scenario rende facile la focalizzazione sulla storia e sulle magnifiche interpretazioni di Alan Bates, John Hurt e Susannah York che con umiltà si lasciano trasportare dagli eventi guidati e cullati dalla mano ferrea di Skolimowski. L'effettiva sensazione di fascino e misticismo però si lascia alcune volte dominare da un vago senso di ermetismo autocompiaciuto, un gioco di “dire non dire” troppo costruito che alcune volte risulta poco spontaneo. Ma il fascino ipnotico di Alan Bates fa dimenticare ogni imperfezione. Non sempre il Cinema riesce a regalare interpretazioni così sommesse, silenziose e bellissime; il Charles Crossley di Bates è una di queste rarità.
grazie, questo me lo devo proprio segnare :)
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