mercoledì 24 febbraio 2010

Rachel Sta Per Sposarsi (2008)

Di Giuseppe Paternò Raddusa

Un film di Jonathan Demme. Con Anne Hathaway, Rosemarie DeWitt, Mather Zickel, Bill Irwin, Anna Deavere Smith, Debra Winger, Jerome Le Page, Beau Sia, Dorian Missick, Kyrah Julian, Carol Jean Lewis, Herreast Harrison. Titolo originale Rachel Getting Married. Drammatico, durata 114 min. - USA 2008. - Sony Pictures

Rachel sta per sposarsi di Jonathan Demme (autore di quel solidissimo film che è 'Il silenzio degli innocenti') è un omaggio all'intrusione della macchina da presa nella vita di tutti i giorni; a beneficiarne è una famiglia disastratissima e violentemente scissa, che possiede uno scheletro dell'armadio di quelli il cui colore non ingiallisce col tempo. In "Rachel Getting Married" non c'è nulla di costrutio: la macchina a mano incide il dolore nei volti dei protagonisti in maniera cruda, realista; si impiccia della loro esistenza in maniera morbosa entrando in una stanza e uscendo da un'altra. Si tratta di un capolavoro di verità e sapienza cinematografica, in cui realtà e sviluppi metacinematografici si mescolano a(ma)bilmente. L'opera prende vita distaccandosi dal precedente modo di intendere il cinema di Demme, e segue una metodologia che ricorda più quella di grandissimi autori del passato, come Ingmar Bergman, e che soprattutto ribadisce l'importanza del dialogo e dei tratti somatici dei personaggi appartenenti ad un Godard, piuttosto che a John Cassavetes. Tutto in funzione del dramma personale e intrinsecamente di Kym, la modella tossicomane che torna in famiglia dopo dieci anni di riabilitazione durante le prove di matrimonio di sua sorella Rachel, a mettere a dura prova gli equilibri precari ma faticosamente sudati all'interno di una tiepida borghesia provinciale americana. Rachel sta per sposarsi è meraviglioso, che riesce a librare in volo verso la fine toccando vette di alto cinema, in cui si capisce che la totale compenetrazione tra unità di tempo e spazio è definitivamente annullata e allo stesso tempo sancita indissolubilmente, uno spazio così immerso nella realtà di una famiglia da diventare quasi filmino amatoriale. Le dolorose dinamiche tra i vari componenti si scontrano e si incontrano, sotto gli occhi impietosi -tra gli altri- delle telecamere appartenenti agli ospiti della cerimonia, fino a culminare in un inevitabile logorio che odora di liberazione, grazie ad una danza sfrenata sotto impulsi indiani che pervaderà queste anime offese. Il male, sotto forma di dolore, viene declinato da Demme spalmandolo sui suoi personaggi, in maniera sublime e paterna: dall'accomodante padre i cui occhi non vogliono vedere più sofferenze (Bill Irwin), alla sorella inacidita dall'esperienza ma che in fondo vuole solo essere felice (Rosemarie De Witt), ad u na madre che semplicemente sta in silenzio (gran ritorno di Debra Winger). Per finire con lei, Kym. Il perno di tutto, la ragion d'essere di questo film: una drogata dal cuore non proprio d'oro, ma quanto meno d'argento. Una giovane donna che non riesce nemmeno ad espiare le sue colpe con l'aiuto di Dio, un personaggio ricco di sfumature e delicate contraddizioni che Jonathan Demme filma con religioso rispetto, e che Anne Hathaway interpreta in maniera perfetta, titanica, riempiendola di dignità e autocritica, facendo della macchina da presa una fedele complice, e ipotecando la prova migliore della sua giovane carriera.

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