domenica 26 settembre 2010

Inception (2010)

Un film di Christopher Nolan. Con Leonardo DiCaprio, Ken Watanabe, Joseph Gordon-Levitt, Marion Cotillard, Ellen Page, Tom Hardy, Cillian Murphy, Tom Berenger, Michael Caine, Lukas Haas, Tohoru Masamune, Claire Geare, Johnathan Geare, Carl Gilliard, Daniel Girondeaud, durata 142 min. - USA, Gran Bretagna 2010. - Warner Bros
Dom Cobb è in grado di inserirsi nei sogni altrui per prelevare i segreti nascosti nel più profondo del subconscio. Viene contattato da Saito, un potentissimo industriale il quale gli chiede di tentare l'operazione opposta. Non deve prelevare pensieri celati ma inserire un'idea che si radichi nella mente di una persona.

Inception è un capolavoro di suggestione, manipolazione, controllo, creazione.E' un viaggio dentro la mente ma ancora prima dentro all'uomo. Un'idea originale di schematizzare (ma non troppo) la menta umana dividendola su più livelli dove certamente l'ultimo è il più affascinante. Nella mente si annidano i nostri più nascosti pensieri, le nostre più remote emozioni, soppresse e dimenticate, i nostri desideri e le nostre speranze, le nostre idee più preziose. E' un lavoro infausto quello di doverli estrapolare, ancora più infausto però doverne creare una. Come si fa a creare un'idea dal niente? Con la manipolazione, ma costa fatica, emotiva, intellettuale e anche fisica. Nolan in effetti ci sta dicendo, nel suo solito modo ambiguo, che un'idea costa fatica, costa pensarla, costa metterla in atto, costa sottrarla. Il mondo delle idee è insomma un mondo che fa così parte di noi che non ci accorgiamo di quanto faticoso sia possederlo, e quanto sia pericoloso che una sola idea sbagliata venga impiantata, può modificare una vita e il corso degli eventi.

Nel mondo delle idee si può manipolare tutto, tempo e spazio, e allora in un mondo così complesso ma anche così fragile e debole l'unico punto di sostegno e di ricongiumento con il reale sono i ricordi della vita vera. I ricordi sono più preziosi delle idee perchè rappresentano la nostra via, la materializzazione di quelle idee, quindi un livello successivo e finale. Che Nolan ci stia dicendo che intrappolarsi nella nostra mente dimenticandosi del reale sia pericoloso? Certamente si, ed è quello che è successo a Dom Cobb, un po' eroe un po' anti-eroe in lotta con i suoi ricordi e con le sue idee, sceglierà alla fine i primi, perchè anche se dolorosi sono veri e sono vivi in lui, sempre. Inception, accusato da molti critici di essere eccessivamente cervellotico, è in realtà molto più semplice di quanto possa sembrare, addirittura meno ostico dei film precedenti di Nolan, è comprensibile solo se si entra nella sua ottica di ambigua rappresentazione del nostro subconscio ideato e raccontato con una gigantesca scatola cinese ma dove l'importante è tenersi saldi nel proprio punto di riferimento per non perdersi, e chi ci riesce si gusterà sicuramente questo capolavoro. E' un film che chiaramente ha bisogno di un grado altissimo di concentrazione e attenzione quasi totale, ma l'esperienza vale l'impegno. Il film più riuscito di Nolan? Molto probabilmentesi si: la sua regia è più solida, ancora più lucida ed è per questo che la sua consueta ambiguità riesce ad essere paradossalmente più comprensibile e conclude quel processo di sperimentazione iniziato con Memento e continuato con Insomnia e The Prestige di come la mente umana sia così sensibilmente esposta alla manipolazione e all'inganno. Sta a significare che nonostante questo grande muro di sensazioni ed emozioni, dietro ci sia un fragile castello di carta molto facile da abbattere.

Il nostro intelletto è un "non luogo", un posto sospeso tra vita e immaginazione dove perdersi è troppo facile, e Nolan ci insegna come rimanere ancorati alla vita, como nonostante sia più comodo e più sicuro apparentemente sognare, se alla fine non si vive ciò che realmente accade, le nostre azioni pur essendo frutti dei nostri pensieri, non hanno alcun senso, la nostra vita non ha alcun senso. Don Cobb lotta per l'affermazione di questo principio e la forza dei ricordi della sua vita fa finire la storia nel giusto modo, per alcuni forse accomodante, ma è un finale logico per un film che non si perde mai nonostante sia molto difficile perdersi dentro, un po' come la nostra mente che segue leggi sconosciute e che quindi rimane in un equilbrio che per noi può essere paradossalmente destabilizzante. Un film forte, sicuro, preciso, come Nolan sa essere.

giovedì 23 settembre 2010

L'Australiano (The Shout) 1978

Un film di Jerzy Skolimowski. Con Susannah York, John Hurt, Tim Curry, Alan Bates, Robert StephensTitolo originale The Shout. Drammatico, durata 87 min. - Gran Bretagna 1978.


Ricoverato in un istituto psichiatrico britannico, un uomo pretende di essere capace di uccidere con un grido, come sanno fare gli aborigeni d'Australia.


Un urlo può essere inteso come molte cose; inteso come diverse dimostrazioni di innumerevoli stati d'animo: urlo di gioia, di piacere, di dolore, di entusiasmo. Ma quello che Charles Crossley fa con il suo urlo “terrifico” va al di là di ogni immaginazione. Dopo aver trascorso 18 anni insieme agli aborigeni australiani, Crossely diventa da uomo vecchio in una terra nuova (l'Australia) a uomo nuovo in una terra vecchia, che cambia drammaticamente la vita dei coniugi Fielding portandoli davanti a sensazioni nuove seppur terribili. Il fuoco spento della loro vita si riaccende grazie al mistero che Crossley si porta dietro, mistero figlio di 18 anni di pratiche magiche, usanze indigene più potenti del valore quasi scientifico che i Fielding depongono in un “Dio” onnipotente. Più potenti non perchè più vecchie, ma perchè tutt'ora messe in pratica con fervore fisico e spirituale dai caratteri sconvolgenti, caratteri che hanno segnato la vita di Crossely in modo indelebile.
Per questo The Shout (urlo appunto) è un film mistico ma che cerca di analizzare il rapporto tra Dio e l'uomo attraverso le conseguenze che questo rapporto fa scaturire. Di “divino” c'è molto poco, è un film passionale, molto fisico, ma in effetti Dio può manifestarsi attraverso i corpi e le emozioni completamente terrene degli uomini che nonostante la voglia di elevarsi sopra la materia, si rivolgono a Dio perchè interferisca sulle loro esigenze materiali. Per questo Crossley si interroga sul valore dell'anima, lui che l'anima l'ha vista manifestarsi sotto innumerevoli forme terrene, non capisce giustamente perchè e in che modo dovrebbe essere liberata quando sa bene che lo è già. E non è un caso che questa libertà dell'anima è percepita, capita e accolta da un "idiota", uno straniero incompreso che convinzioni sociali occidentali rinchiudono nella definizione di "pazzo". E' il valore della purezza e della naturalezza di questo idiota che conserva la preziosità dell'anima mai intesa come qualcosa che appartiene all'uomo ma che al contrario possiede l'uomo.
E l'urlo è una forma di liberazione che uccide. Ma ad uccidere più del suono è la forza malvagia che il suo corpo deve espellere, una forza che i comuni essere umani non sanno di possedere. Crossley ha capito come trovarla e come controllarla, ma le forze terrene, gli impusli umani sanno essere addirittura più forti.
The Shout deve alle sue ambientazioni grezze la maggior parte del suo fascino, e Jerzy Skolimowski utlizza magnificamente la natura dei paesaggi e degli avvenimenti e li trasforma in qualcosa di inquietante, silenzioso, modesto ma potentissimo. Lo scarno scenario rende facile la focalizzazione sulla storia e sulle magnifiche interpretazioni di Alan Bates, John Hurt e Susannah York che con umiltà si lasciano trasportare dagli eventi guidati e cullati dalla mano ferrea di Skolimowski. L'effettiva sensazione di fascino e misticismo però si lascia alcune volte dominare da un vago senso di ermetismo autocompiaciuto, un gioco di “dire non dire” troppo costruito che alcune volte risulta poco spontaneo. Ma il fascino ipnotico di Alan Bates fa dimenticare ogni imperfezione. Non sempre il Cinema riesce a regalare interpretazioni così sommesse, silenziose e bellissime; il Charles Crossley di Bates è una di queste rarità.